Artist’s Thoughts
In Italian
Contemporaneo urbano
Periferie urbane
Emersioni
Rembrandt e i miei dipinti
Valichi e Abissi - Icone del Silenzio
Old City New City, 2006. Oil on canvas, 50 x 70 cm Private collection,Levane (Arezzo), Italy.
Periferie urbane
Marco Minozzi
Vecchi distretti industriali, relegati nelle periferie esterne di complessi urbani, prendono vita in un’osmosi tra naturalismo e una forte radice classica, nel tentativo di dar vita ad un nuovo paesaggio contemporaneo. Pittura e ispirazione fotografica sono unite per tentare di mostrare un corpus visivo nel quale si tenta di coniugare un difficile equilibrio, tra contesto storico e distacco oggettivo, cercando di evitare un coinvolgimento sociologico ed emozionale a favore di una nuova ricerca estetica e di un bello inaspettato, ove rintracciare nuovi canoni estetici.
Metropolis I, 2019. Oil on canvas, 70 x 100 cm
L‘elemento nuovo di questa pittura è probabilmente una definizione visiva pienamente contemporanea delle periferie. Vi è la necessità di mostrare il tempo e il luogo in cui ambientare le scene urbane, cioè oggi in una qualunque metropoli; quale metropoli poi è quasi irrilevante definirlo, anche se a volte appare un’inconfondibile New York (icona della “città” ormai da diversi anni). C’è un’omologazione delle varie realtà urbane, la loro planimetria s’identifica in una texture intricata e convulsa, intrisa di una nebbia inquinante e avvolgente. Che si tratti di New York, Chicago, Pechino, Londra o Madrid le megalopoli assumono un identità simile, come sviluppo urbano. Noi siamo questo oggi ed è importante far emergere il dato reale, incontrovertibile. Non si vuole esprimere la nostra situazione sociale, politica, o ecologica, che naturalmente può scaturire comunque, anche perché di fatto tutto è politica, piuttosto è presente la ricerca di una bellezza che s’intravede negli angoli più anonimi delle nostre realtà urbane e, pittoricamente tenta di emergere. Una nuova bellezza che esiste nel nostro presente urbano, che si esprime nelle visioni d’assieme o nelle composizioni più piccole, nelle quali appaiono alcuni particolari aspetti della nostra realtà. Questi paesaggi urbani tentano di trasmettere un idea di solidità, di energia non fine a se stessa, ma necessaria per comunicare una sensazione di potenza e continuità, come a eludere il pensiero che tutto si muova in un delicato equilibrio. La città vive con la sua espansione e i suoi ritmi, più potente dei nostri dubbi e delle nostre difficoltà. Non è assolutamente un’esaltazione della modernità, una sorta di neo-futurismo che si nobilita, guardando se stesso, ma una realtà che noi stiamo costruendo anno per anno, che vivifica e si riproduce. Io non copio un angolo preciso di una metropoli, ma provo ad assemblare un assieme somigliante e congruente, un’idea di città che vive, respira, e in fondo tenta di mostrarsi come una sintesi contemporanea pur nelle sue immani incongruenze.
Domus Aurea, 2020. Oil on canvas, 80 x 120 cm
Empty Factory, 2019. Oil on canvas, 50 x 70 cm
Contemporaneo Urbano
Marco Minozzi
14 quadri che tentano di offrire una particolare immagine di apparenti non luoghi, nell’appassionata ricerca di una nuova dimensione formale della scena rappresentata. Questa mostra s’inserisce in un filone già sondato e approfondito, nel corso degli anni, da molti artisti, fotografi e registi anche in ambito cinematografico. Tutto, in queste immagini, viene posto in evidenza poiché tutto, per l autore, è importante da mostrare, che sia un sobborgo o un incrocio stradale; e ancora più essenziale è dare un senso di lentezza e di contemplazione, tipica caratteristica poi dell’ arte pittorica, che qui si lega al mondo di certa provincia americana e non. Un mondo collaterale, che vive fuori dal fulcro vitale di movimenti colti e in eterno divenire e di esplosive innovazioni tipiche delle grandi metropoli, in un contesto secondario e che vive per sottrazioni; un silente avvolgente e inebriante scenario costituito da stazioni di servizio abbandonate, costruzioni che accompagnano lunghe strade impolverate, supermercati e insegne al neon di anonimi sobborghi. Per l’autore ciò rappresenta un estraniamento totale dalle proprie radici e dalla sua visione metropolitana e classica e conseguentemente un abbandonarsi a nuovi contesti; un indispensabile dimenticarsi della propria storia per trasmigrare in un viaggio necessario per ritrovare una nuova consapevolezza di sé forse foriera di una nostra rinnovata comunione d’intenti.
The Great Masterplan, 2015. Oil on canvas, 70 by 100 cm
Emersioni
Marco Minozzi
Questi lavori hanno in comune il concetto di emersione. Idee, abbozzi di pensiero, l’uovo come simbolo di vita e rinascita, misteriosi alfabeti vengono inglobati in contesti semiastratti e monocromatici che appaiono in un oscurità densa e totalizzante. Cerco di creare così una nuova amalgama, inaspettata, che irrompe nella nostra visione attuale e quotidiana. Fondamentalmente le emersioni ed i frammenti che compongo rappresentano la volontà di tentare di focalizzare un luogo ideologico, un percorso che ci identifichi nuovamente, cercando di evitare le facili soluzioni decorative, e una riappropriazione delle nostre radici che non possono però riemergere come erano, ciò non avrebbe senso. Tutto ciò che ho studiato e copiato per vent’anni riappare sotto una nuova luce che agisce all’interno di nuove ed interessanti strutture corali; la composizione deve contenere qualcosa d’inatteso ed a volte inspiegabile razionalmente, in quanto, a mio parere, l’arte non può essere precisamente codificata e catalogata in schemi ovvi e prevedibili poiché essendo una percezione personale della realtà, la sua conseguente rappresentazione ubbidisce ad una spontaneità intuitiva del sentimento.
Pregnant, 2013. Oil on canvas, 70 x 100 cm
Rembrandt e i miei dipinti
Marco Minozzi 2015
The Standard Carrier(After Rembrandt), 2004.
Oil on canvas, 80 x 60 cm
Emersione n.6 El Murillo (After Rembrandt). 2008.
Oil on canvas, 70 x 50 cm
Con queste due tele concludo un viaggio durato molti anni all’interno di una classicità difficile oggi da indagare, sia dal punto di vista dei rimandi allegorico-concettuali, sia dal punto di vista tecnico, che, in particolare, questo tipo di soggetti presentano. In questa ennesima tipologia rembrantiana che tento d’interpretare, dove, l’uomo occupa il proscenio con una smisurata forza concreta e simbolica, ho inserito un volo di farfalle e falene, in parte morenti, per rompere questa presenza di tipo museale, avvolgendola in una danza di vita e di morte. E’ come se dopo aver dedicato tanta cura alla costruzione di questo soggetto, tipico della committenza di una certa borghesia rampante del 600, soggetto lontano dal nostro tempo, chiuso in un antropocentrica distanza che noi non possiamo più contattare, avessi voluto disturbarlo, annichilirlo o in qualche modo sottrarlo ad una centralità emblematica. Un’emersione misteriosa alla quale, una natura falsamente giocosa toglie la scena. Ma il gioco durerà poco, le farfalle non vivranno per lungo tempo e questo equilibrio presto si romperà. Non è quindi la vanitas che cerco di rappresentare, ma la solitudine di una presenza che nella nostra mente prende temporaneamente vita per poi tornare nell’ombra. Anche il disturbante volo di farfalle finirà in poco tempo ma con la speranza di aver già offerto allo spettatore tanti passaggi da valutare: sia l’esecuzione di due modelli seicentesci rembrantiani (esercizio stilistico che rimarrebbe fine a se stesso se non si confrontasse con questa danza naturale) il volo delle farfalle ed una contemporanea ambivalenza, una nota fuori dal tempo o meglio un corto circuito che proprio per l’assurdità del soggetto stride con la nostra realtà. Un andamento in cui si consuma un’esperienza all’inizio evocativa che nelle mie intenzioni doveva sfociare in una manifestazione di forze contrapposte, tentando di trovare e coniugare un mito borghese con un’irridente e tragica conflittualità in un caos spietato e inaspettato.
Icone del Silenzio - Valichi e abissi
Marco Minozzi 2023
Sono partecipe di un destino comune che dobbiamo affrontare. Rappresento tutto questo dipingendo crolli di rocce, frane e pericolosi sentieri che avvolgono le montagne come ragnatele, che cercano di legare e imbrigliare questi giganti. Nei miei quadri cerco di mostrare l'immensa, naturale potenza della montagna, la sua forma e la sua materia come anche gli effetti atmosferici che le si producono attorno. Cerco così di ottenere opere dalle sfumature ricercate, molto lavorate usando velature e medium ottimali per tentare di far emergere sia la densità della materia che l'evanescenza delle atmosfere. Il tema delle montagne come autentiche protagoniste della nostra evoluzione e della nostra storia è da sempre un soggetto che richiama il mio interesse come uomo e come pittore. La caratteristica che sempre mi ha attirato è la continua e invincibile forza di trasformazione e genesi che questo elemento naturale possiede ed esprime. Mi ritrovo testimone di queste icone del silenzio e a volte, in alcune composizioni, tento di trasmettere una strana quiete, con una tavola con pochi colori, che costruisco in varie gradazioni tonali. Osservo questa nuova orogenesi come una costante trasformazione della terra che sembra riprendersi tutto cio che ha perso e noi soccombere di fronte ad elementi più volte umiliati dalle nostre povere azioni umane di questi ultimi decenni. Da qui il mio personale smarrimento di fronte a qualcosa enormemente superiore che agisce velocemente, come mai è successo prima.
Infatti oggi la visione delle montagne, delle vette e dei vertici naturali, non riesce a rappresentare per me un'occasione di riflessione personale e solitaria, nè riesce a trascinarmi, come poteva essere qualche tempo fa, in una complessa introspezione mentale sul mio cammino e sul senso della mia storia, in una elissi novecentesca che tanto mi ha affascinato per anni. Percepisco una mancanza di tempo per questo un’urgenza più forte e prioritaria coinvolge la mia espressione visuale. Parlo infatti di nuove interiorità. Cerco allora di esprimere la continua trasformazione e la forza immane di queste formazioni naturali che evolvono e mutano. Sono partecipe di un destino comune che dobbiamo affrontare. A volte tento di trasmettere in varie composizioni una strana quiete, come in Lotus o Vertigo, con una tavola con pochi colori, che costruisco in varie gradazioni tonali. Testimone di queste ICONE DEL SILENZIO, partecipi come mai del mio e del nostro divenire e ovviamente del mio immaginario pittorico. Valichi, abissi e profondità, della natura e dell'animo umano.Montagne come monito e metafora dell'esperienza umana.
Parlo infatti di nuove interiorità.
Urban Landscapes
The congested urban landscape has been a crucial and paradoxical subject for Marco Minozzi over the past decade, as it simultaneously mirrors the artist’s direct observation of spaces he inhabits and spaces he imagines, tapping into their benefits and faults. These paintings also remain connected to a broad range of art-historical instances of the pictorial representation of the city through diverse styles and contents, recalling such works as Ambrogio Lorenzetti’s fresco Effects of Good Government in the City and the Country (1338-39) in the Sala della Pace in Palazzo Pubblico in Siena and Pieter Brueghel the Elder’s oil-on-wood painting titled The Tower of Babel (circa 1563) in the Kunsthistorisches Museum in Vienna. Such historical landscapes and those by Minozzi address, through their own contexts, forms of civic order and “human-induced degradation” that alarmingly threatens the natural world, its species and mankind’s habitat, to borrow the phrase from the architectural theorist and urbanist Rem Koolhaas. *While Minozzi explosively charges many of his cityscapes through such titles as Cathedral (Manhattan) I and The Silent Tower, urging a critique of hegemonic cultures, other paintings manifest highly imaginary, if not offbeat, representations of temporally undefinable urban settings. These paintings of Minozzi perceptively address the very status of painterly representation of the urban landscape as a theoretical polemic within our time, an age inundated by accelerating rates of inception and dissemination of imagery through mechanical and digital means.
Suburbia Landscapes
Marco Minozzi had previously titled this group of paintings depicting segments of suburbia “Counter-urbanization.” Such paintings as The City Bridge (Ostiense Station), Rome and The Canal question the concept of typology. Both urban and suburban, neither urban nor suburban, peripheral, in-between, composite, transitional, inconclusive: such are the unstable semantic implications of the afore-mentioned two paintings, as they render linguistic taxonomy somewhat insufficient. While addressing taxonomic issues of the landscape genre, Minozzi unapologetically practices perspectival representation of architecture and the space it inhabits. A number of paintings from this series elicit dialogues between the suburban and rural as well. As suggested by its title, Piero della Francesca (L.A. The Artificial River) recalls innumerable paintings of the Renaissance, including for instance Perugino’s Consignment of the Keys to Saint Peter in the Vatican’s Sistine Chapel, although rendered on a relatively minuscule scale here. These works of Minozzi may also momentarily bring to mind the paintings of Randy Dudley, a forerunner of the photorealist style. Yet Minozzi neither utilizes a specific system of geometric perspective nor does he trace the projected photograph. Rather, his rendition of imagery is primarily intuitive and mainly content-driven, even though he stains the canvas with oil in a manner that water and nature have stained the concrete of the Los Angeles
Emersioni (2007)
Theatrical settings, cinematographic screens, graffiti marks, text, baseball players, birds, the human body, furniture, pure abstraction: such are the diverse images that circulate within Marco Minozzi’s intriguing array of paintings titled “Emersioni.” Executed between 2004 and 2021, these paintings manifest ghostly, magical and mysterious associations to living forms and spaces, where pictorial entities are presented in a manner that evokes dreams and the unconscious. Having formulated his own idiom of the continuing surrealist current, each one of these paintings by Minozzi presents the viewer with a plethora of interpretative possibilities, while simultaneously it operates as a tabula rasa for erasing the mind’s relation to the world in order to think and rethink the concept of the self. “The example of history will also dissipate like a mirage ... for the fundamental historicity of the event that we retain suffices to conceive the possibility of a subjective reproduction of the past in the present,” claims Jacques Lacan.* Matrix, Pregnant, Rewind/Infinity, Thomas Aquinas and Storage by Minozzi register as historical mirages, inviting the spectator to subjectively devise imaginative meanings that nonetheless remain, like mind and body to a great extent, non-stationary and ever-shifting within the frameworks of the individual and the social.
Otium
Marco Minozzi’s interest in representing the seacoast, foreshore, sea, horizon, sky, mountain and countryside takes on a particularly distinct characteristic in the “Otium” series, where the conventional theme of the landscape becomes updated through subtle or emphatic inflections. The pictorial signs of sand, pebbles, grass, boat, water, waves, fields, factories, mountains and clouds in this suite have been inventively mediated by the tactile reality of the medium of oil that carries imprints of the hand’s movement and modulations of color that implicitly present the surface of the canvas as a virtual palette of pale hues of green, brown and grey. Within a given painting here, Minozzi delicately articulates minute details of the visible world. Yet details remain continuously counteracted by vagueness and the annulment of illusion, as if to indicate vision’s own limitations to grasp the temporally conditioned world and ever-shifting phenomena of sight. Paradoxically, the pictorial silence of these wontedly rendered paintings emphatically invites the observer’s attention to reexamine the concepts of space, time and perception as investigated by Maurice Merleau-Ponty: “The natural world is the horizon of all horizons, the style of all possible styles, which guarantees for my experiences a given, not a willed, unity underlying all the disruptions of my personal and historical life. Its counterpart within me is the given, general and pre-personal existence of my sensory functions in which we have discovered the definition of the body.”* This group of works by Minozzi therefore encapsulates the concept of “otium,” the time of leisure spent on the countryside, where idleness, creativity, labor, reflection, research and experimentation may become inextricable.
Colorvision (2023)
On a purely formalist level, these chromatically lavish abstractions of Marco Minozzi engage the onlooker with an unprecedented feast of painterly pleasure. Having paired tonal variations with such diverse hues as orange, yellow, red, green and black, these paintings of Minozzi are aimed to revel our sensory faculty of vision. In these abstract pantings of Minozzi, we find implicit references to Masaccio’s deployment of atmospheric perspective in such a fresco as The Tribute Money (circa 1425) at the Brancacci Chapel of Santa Maria del Carmine in Florence. “Without lines or borders in the manner of smoke:” these words of Leonardo da Vinci regarding the sfumato technique are embodied through the brightness and shading within these abstractions of Minozzi. Yet from a broader, metaphysical perspective, these abstractions suggest, at once pictorially and metaphorically, the boundlessness of the universe and its dichotomy of order and chaos. At once an homage to such movements as Tachisme and Abstract Expressionism and a redefinition of such aesthetic currents, this series of paintings of Minozzi maps coloristic techniques of illumination to the modernist language of painterly abstraction.